La famiglia Tognoni
Foto e ricordi

La famiglia di Severino Tognoni         English VersionEnglish Version

Racconto di famiglia
Il seguendo delle fotografie sono tutte relative alla mia famiglia e i racconti che le accompagnano sono frutto della memoria.
Mi scuso per le imprecisioni e per i nomi inesatti che dovesserero comparire negli scritti.

 

Palmira Todaro

La mamma si chiamava Palmira come si evince dai documenti anagrafici ma tutti la chiamavano Palma. Questo vezzeggiativo l'aveva accompagnata fin dalla giovinezza e tutti la ricordiamo con questo nome.
Aveva sposato Vittorio Tognoni, militare di carriera dell'Aeronautica Militare.
Dalla loro unione sono nati cinque figli: Severino, Mauro, Adriana, Renato, Antonio.
Abitavamo il Villino Rosalia a Boccadifalco e in questa casa sono nati tutti i figli.
Questa bellissima e signorile abitazione con giardino, dominava la piana dove si trova l'aeroporto militare, e lo sguardo poteva spaziare agevolmente, da Passo di Rigano alla Griffotta.
Siamo rimasti a Boccadifalco fino al 1959 anno del trasferimento di Vittorio a Padova.

Palmira Todaro moglie di Vittorio Tognoni

Vittorio Tognoni radiotelegrafista dell'Aeronautica Militare

Era nata a Palermo, quarta di quattro figli e unica femmina, in una famiglia di funzionari statali stimati, che negli anni avevano dato prova di capacità e onestà.
Questi, godevano nella borgata di Boccadifalco e a Palermo di una buona reputazione e prestigio; con le loro abilità relazionali avevano accumulato un buon patrimonio finanziario e di amicizie.
Mamma ricordava sempre e raccontava degli inviti e delle feste che si tenevano a casa loro, con musica e decorazioni luminose.
La guerra li avrebbe ridotti in povertà, come lei diceva "....erano caduti in bassa fortuna", una bellissima espressione del Verga che usava per definire lo stato di bisogno in cui erano finiti.
Palmira era colta e preparata, amava le belle maniere, la buona educazione e il linguaggio corretto in tutte le occasioni, l'uso della lingua italiana e il rifiuto del dialetto quale lingua famigliare.
Aveva l'abitudine di giudicare gli interlocutori dal modo come si presentavano.
I bei modi, come si sta a tavola come ci si comporta nei vari ambiti in cui ci si viene a trovare, furono i primi insegnamenti che ho avuto da mia madre a partire dall'età della ragione.

Palmira con le sue amiche e future cognate.

Palmira con Rosa Matranga, seconda moglie di suo fratello Filippo
 

Era nata nel 1914 e cresciuta nel periodo fascista.
Di questa ideologia ne aveva assimilito gli ideali e la concezione della società nonché i valori relativi alla famiglia, all'amor patrio e dell'Italia "faro del mondo".
La coscienza della sua nascita nella agiata classe media, la portava a pensare che le uniche classi da frequentare fossero quella borghese (molte cugine avevano sposato affermati professionisti e negozianti della Palermo degli anni 20 e 30), o quella aristocratica, decaduta e servile che affollava la Conca d'oro di quegl'anni.
Diceva che la nascita è "un gran caso" e che dunque signori si nasce; diceva anche, che nessuno avrebbe potuto comprarsi la nascita.
Nelle mie discussioni su questo argomento avute con Guido Giunipero di Costeranzo un amico fraterno e collega, mi precisava che non è gentiluomo chi nasce, ma chi accetta, condivide e pratica con coerenza le regole dei gentiluomini. La cosa veniva riportata alla mamma che rimaneva scettica e ferma nelle sue posizioni.

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Con Vittorio a Roma in viaggio di nozze

Palmira e Vittorio a Ustica. I bambini: a sinistra Mauro e a destra Severino

Esaltava il periodo fascista e nei suoi discorsi traspariva la nostalgia del tempo trascorso condito di affermazioni teoriche di sincero credo politico.
Fin da ragazzina aveva guidato gruppi di Giovani Italiane nelle innumerevoli marce e sfilate a Palermo, Napoli e Roma con un forte spirito di leader; aveva una dote che era quella di essere capace di intrattenere rapporti dialettici con chiunque, qualunque fosse il suo grado sociale o la sua importanza gerarchica. Parlava con tutti con aria di parità senza mostrare la minima soggezione.
Onesta, generosa e idealista aveva visto i progressi materiali e la modernità che il regime aveva portato a Palermo e nelle sue borgate. Riteneva l'8 settembre un incidente di percorso di un sistema che andava bene e che sarebbe errato pensare di sostituirlo con la democrazia. Aveva visto solo i lati populistici del "ventennio"; la Sicilia non aveva sofferto dei fatti e misfatti dei tedeschi e dei fasciti in guerra.
La Sicilia non visse la guerra partigiana, si passò dal Fascismo alla libertà portata dagli americani.
I fratelli di mia madre, Giovanni e Filippo, avevano combattuto rispettivamente in Etiopia e Spagna con sincero spirito guerriero convinti di essere portatori della Civiltà.

A Partinico mauro a sinistra al centro Severino e Adriana che piange.

Palmira era certamente classista, di un classismo annacquato con una buona dose di paternalismo cattolico, che imparai subito a biasimare, ma che nella mia prima fanciullezza credevo normale, o meglio non mi ponevo il problema.
Gli amici, che noi fanciulli eravamo autorizzati a frequentare erano quelli della classe dei impiegati, militari e borghesi, ecco i nomi di qualcuno che voglio ricordare con affetto: Restivo (maresciallo dei Carabinieri), Angelino Testa, Monaco (militare dell'Esercito) Di Salvo (commercianti a Palermo).
A casa nostra c'erano sempre ragazze a servizio, ricordo ancora i nomi, Piera, Caterina e altre delle quali ho perso traccia nella mia memoria.
Dopo il matrimonio, nel dopoguerra, il salario di un sottuficiale dell'aeronautica Militare era quello che era: trenta mila lire al mese, non era certo uno stipendio tale da permettere l'assunzione di una persona come domestica!
Il reclutamento era semplice: si recava presso una famiglia poco abbiente e invitava i genitori a darle una figliola a servizio. Non avrebbe ricevuto un salario ma avrebbe abitato e mangiato con delle persone di tutto rispetto.
Avrebbe ricevuto gratuitamente, abiti e tutto ciò di cui aveva bisogno e soprattutto avrebbe mangiato tre volte al giorno.
Il discorso era semplice e dava un buon risultato: la famiglia della ragazza si convinceva che la giovane sarebbe uscita dal quel mondo di sacrificio che era quello contadino per "andare a servire in una casa di signori", nella cui casa avrebbe imparato l'italiano e come si serve a tavola.

Palmira con Severino

Palmira e Mauro

Ottima didatta oltre che madre premurosa e affettuosa, ci aveva seguito con attenzione nella formazione elementare. Ricordo bene io e mio fratello Mauro seduti su tavoli diversi seguiti contemporaneamente nei compiti di scuola ovviamente diversi.
Aveva una bellissima voce ed era sempre presente nei cori in chiesa e ci cantava spesso canzoni di cui conosceva le parole e la musica. Io ancoroggi ricordo le parole di canzoni e operette degli anni trenta.
"Fermati in quella casa dove si canta e si suona poichè la malvagità non vi alberga", amava ripetere.

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Palmira al mare di Mondello (Palermo). Adriana di fronte a destra

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Tre figli di Palmira e dietro zio Vincenzino di Amalia (cugino)

Un trauma fortissimo fu quello del nostro trasferimento a Padova, la mamma viveva in simbiosi con la sua Palermo, andare ad abitare al nord dell'Italia era per lei come abitare all'estero.
Tornava spesso in Sicilia dove soggiornava per mesi interi.
Aveva un legame fortissimo con la sua famiglia di nascita. Con i fratelli nascevano spesso delle discussioni su come condurre la vita quotidiana e del fatto che non si seguisse il criterio dell'educazione borghese di cui lei andava fiera.

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In questa foto si vedono i cugini, figli di Giovanni Todaro: Ignazio, Anna e Rosetta

Dietro si vede la signora Maranzano di Boccadifalco

Il senso dell'onore fu fortissimo in lei con l'entrata in guerra dell'Italia la vide partecipe allo sforzo bellico impegnandosi ad acquisire abilità utili alle forze armate come quella di marconista ausiliaria, (fu in questa occasione che conobbe mio padre Vittorio istruttore radiotelegrafista con cui si fidanzerà). Diventa la promessa sposa di un combattente.
E' un grande momento per lei: servire il Paese in guerra.
Seguiva con slancio il dettato del regime e la vedrà idealmente combattere a fianco del suo fidanzato Vittorio, in luogo di operazioni in Nord Africa.
Aveva promesso di aspettarlo e di essere sua sposa.
L'avrebbe atteso per quasi quattro anni con un epistolario documentato dalle lettere che giungevano dagli USA.
Durante la prigionia del suo amato, ricordava la richiesta di matrimonio fattale da un capitano dell'Esercito alla quale aveva posto un cortese rifiuto."Il mio fidanzato combatte per la Patria e lo aspetterò fino al suo ritorno e gli sarò fedele".
Ripeteva sempre con orgoglio, che non aveva perso l'onore neanche per fame!

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Famiglia al completo in gita turistica nella Repubblica di San Marino

Palmira con Renato

Palmira ci ha lasciato nel 1988 dopo aver speso la sua vita a onorare la famiglia e il marito, non venendo mai meno ai suoi doveri anche quando il fisico non le permetteva più una gestione materna della casa.
Ciò a onore di mia madre!

Severino Tognoni

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